Leggo che Audiard considera banale il concetto di prigione come metafora di vita, ritiene piuttosto che nella prigione si apprendano utili insegnamenti da applicare fuori.
E' ciò che succede a Malik, che finito in cella, viene iniziato alla malavita da un boss corso, di cui finirà per prendere il posto.
Cosi un ragazzino scapestrato e ignorante, solo al mondo, con la scaltrezza e l'intelligenza, riesce a sfruttare le tragiche esperienze del carcere a suo favore, costruendosi una speranza alla sua uscita.
Un ragazzino che non è uno dei tanti, che riesce a vedere cose che gli altri non vedono, e utilizza la comunicazione per sfuggire ad una vita apparentemente senza scampo.
Malik riesce cosi a perseguire una strada personale verso la salvezza in un mondo corrotto non lasciandosi sopraffare dal dolore subito.
Sarà anche banale caro Audiard la metafora ma sembra calzare a pennello.
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